domenica 13 giugno 2010

GIOVANNI VERGA

Giovanni Carmelo Verga (Vizzini, 2 settembre 1840 – Catania, 27 gennaio 1922) fu uno scrittore italiano, considerato il maggior esponente della corrente letteraria del verismo.
Indice [nascondi]
1 Biografia
1.1 La polemica sul luogo e sulla data di nascita
1.2 Gli studi e la prima formazione
1.3 Le prime esperienze a Catania
1.4 Gli anni fiorentini
1.5 Il ventennio a Milano
1.6 Il ritorno a Catania
2 Opere
2.1 Romanzi
2.2 Novelle
2.3 Trasposizioni teatrali
2.4 Versioni cinematografiche
3 Note
4 Bibliografia
4.1 Biografie
4.2 Studi sull'opera
5 Voci correlate
6 Altri progetti
7 Collegamenti esterni
Biografia [modifica]

Giovanni Verga nacque il 2 settembre 1840: fu registrato all'anagrafe di Catania, anche se alcuni sostengono che sia nato in contrada Tièpidi, nel territorio di Vizzini, dove la famiglia si trovava per evitare l'epidemia di colera che affliggeva Catania. In tale contrada la famiglia Verga possedeva una tenuta di villeggiatura. Il padre, Giovanni Battista Catalano, era di Vizzini, dove la famiglia Verga aveva delle proprietà, e discendeva dal ramo cadetto di una famiglia alla quale appartenevano i baroni di Fontanabianca; la madre si chiamava Caterina Di Mauro e apparteneva ad una famiglia borghese di Catania. Il nonno di Giovanni, come testimonia il De Roberto[1] in un articolo raccolto, insieme a molti altri, in un volume a cura di Carmelo Musumarra, era stato carbonaro e, nel 1812, eletto deputato per Vizzini al primo Parlamento Siciliano.[2]
La polemica sul luogo e sulla data di nascita [modifica]
Rappresenta da sempre motivo di acceso dibattito la questione riguardante l'esatto luogo di nascita di Giovanni Verga, nonché la data dell'evento. Benché gran parte dei testi collochino a Catania l'evento, basandosi sul contenuto dell'atto di nascita, esistono fondate argomentazioni sulla base delle quali è possibile ritenere che la nascita di Verga sia avvenuta nei pressi di Vizzini.
Tra gli studiosi che più di altri si appassionarono e dedicarono numerose ricerche alla soluzione di questo interrogativo, vi sono il prof. Emilio Interlandi (docente di lettere, critico, scrittore e acuto polemista) e l'avv. Alfredo Mazzone (giornalista, drammaturgo e scrittore, particolarmente attivo in ambito teatrale). Quest'ultimo, in particolare, fu autore di un saggio dal titolo Polemiche Verghiane (Edigraf Catania, 1971), dedicato per metà proprio all'indagine sul luogo e la data di nascita di Giovanni Verga. L'opera è supportata dai molti articoli scritti sull'argomento dal prof. Interlandi e citati integralmente.
La tesi secondo cui Verga nacque in un podere di campagna, di proprietà dello zio don Salvatore, in contrada Tièpidi (una zona di campagna a pochi chilometri dal centro abitato di Vizzini, citata dall'autore verista nei suo scritti col nome di Tebidi o Tèpidi) è suffragata da diverse constatazioni. La prima riguarda l'epidemia di colera che nell'estate del 1840 si era abbattuta su Catania e che avrebbe spinto la famiglia Verga (già abituata ad abbandonare l'afosa Catania d'estate per la frescura collinare di Vizzini) a scegliere il piccolo centro del Calatino per proteggere sia la madre sia il nascituro da ogni potenziale rischio. Nato prematuro, di 7 mesi, il piccolo sarebbe poi stato riportato nel capoluogo etneo poiché l'epidemia, nel frattempo, si era spostata nelle campagne vizzinesi.
La seconda constatazione riguarda il numero dell'atto di nascita con il quale il padre, Giovanni Battista Verga (originario di Vizzini ma residente nel capoluogo), registrò il figlio come nato a Catania, nell'abitazione di via Sant'Anna. Il documento riporta infatti il numero 284 ter, prova del fatto che si tratta di un atto interposto (insieme al 284 bis). Stranamente, l'atto fu sottoscritto scegliendo come testimoni l'usciere Michele Dell'Acqua (58 anni) e l'analfabeta guardia marina Alfio Murabito (70 anni), anziché due parenti o amici di famiglia. È probabile, inoltre, che Giovanni Battista Verga scelse Catania anche per compiacere la moglie Caterina Di Mauro (o Mauro), catanese, e per comodità, visto che la futura eventuale richiesta di certificazioni avrebbe necessitato un viaggio nella distante Vizzini.
La terza constatazione è relativa a un'annotazione apposta sull'occhiello di una copia della prima edizione delle Novelle Rusticane, che Verga regalò all'amico scrittore Luigi Capuana. Si legge:
« A Luigi Capuana "villano" di Mineo - Giovanni Verga "villano" di Vizzini. »
Sebbene secondo Corrado Di Blasi, curatore della biblioteca Capuana, la nota esatta sarebbe
« A Luigi Capuana da Mineo Giovanni Verga da Vizzini o quasi "villani entrambi". »
l'uso del termine villani dimostrerebbe, comunque, come Verga fosse a conoscenza di essere nato in un piccolo paese di provincia (come Capuana), a Vizzini o quasi, appunto in una contrada di campagna, e pertanto villano.
Infine lo stesso Verga, in molte delle sue missive a diversi interlocutori, si dimostra schivo nell'affrontare l'argomento, segno che, effettivamente, anche in lui esiste la consapevolezza che Catania come luogo di nascita è una dichiarazione più che dubbia. Non è da trascurare, inoltre, che molti amici personali dell'epoca (lo scienziato geologo Ippolito Cafici, il chirurgo on. Gesualdo Costa, il prof. comm. Luigi La Rocca e l'avv. Giovanni Selvaggi) sostenevano, per conoscenza diretta, che Verga fosse nato nelle campagne di Vizzini.
Sull'esatta data di nascita l'incertezza è altrettanto ampia. L'atto di nascita (Archivio generale del Municipio di Catania, volume anno 1840, sezione II, pagina 284 ter) riporta la data del 2 settembre 1840. Il Verga, l'1 marzo 1915, scrive però in una sua missiva a Benedetto Croce:
« Illustre amico, sono stato al Municipio per avere la data precisa che desidera conoscere: 31 agosto 1840, Catania. Io invece credevo fosse il 2, oppure l'8 settembre dello stesso anno. Eccomi dunque più vecchio di una settimana, ma sempre con grande stima ed affetto per Lei. »
L'8 settembre è in realtà la data di battesimo, mentre quella di nascita è probabilmente antecedente e potrebbe risalire alla fine di agosto, se non addirittura il 29, giorno in cui a Vizzini si festeggia San Giovanni. Il trasferimento da Vizzini a Catania giustificherebbe dunque il ritardo nella registrazione e la posticipazione della data.
Gli studi e la prima formazione [modifica]


La Casa-Museo di Verga a Catania.
Verga, compiuti gli studi primari presso la scuola di Francesco Carrara, venne inviato, per gli studi secondari alla scuola di don Antonino Abbate, scrittore, fervente patriota e repubblicano, dal quale assorbì il gusto letterario romantico ed il Patriottismo. Abbate faceva leggere ai suoi allievi le opere di Dante, Petrarca, Ludovico Ariosto, Torquato Tasso, Vincenzo Monti, Manzoni e pagine dell'Estetica di Hegel; inoltre proponeva anche il romanzo storico-patriottico I tre dell'assedio di Torino (scritto nel 1847) del poeta catanese Domenico Castorina, che era lontano parente di Verga e che a quei tempi "era considerato dai contemporanei il miglior poeta e scrittore catanese della prima metà dell'Ottocento".[3]
Nel 1854, a causa d'una epidemia di colera, la famiglia si rifugiò nella campagna di Tèbidi e vi ritornerà nel 1855 per lo stesso motivo. I ricordi di questo periodo, legati alle sue prime esperienze adolescenziali e alla campagna, ispireranno molte delle sue novelle, come Cavalleria rusticana e Jeli il pastore, oltre al romanzo Mastro don Gesualdo. A soli quindici anni, tra il 1856 ed il 1857, Verga scrisse il suo primo romanzo d'ispirazione risorgimentale Amore e patria rimasto inedito. Il romanzo infatti ottenne giudizio positivo da parte dell'Abbate, ma venne considerato immaturo dall'insegnante di latino, don Mario Torrisi, che lo convinse a non pubblicarlo. Iscrittosi nel 1858 alla Facoltà di legge all'Università di Catania, non dimostrò però grande interesse per le materie giuridiche e nel 1861 abbandonò i corsi, preferendo dedicarsi all'attività letteraria e al giornalismo politico. Con il denaro datogli dal padre per concludere gli studi, il giovane pubblicò a sue spese il romanzo I carbonari della montagna (1861- 1862), un romanzo storico che si ispira alle imprese della Carboneria calabrese contro il dispotismo napoleonico di Murat. La sua fu dunque una formazione irregolare che, come scrive Guido Baldi,[4] "... segna inconfondibilmente la sua fisionomia di scrittore, che si discosta dalla tradizione di scrittori letteratissimi e di profonda cultura umanistica che caratterizza la nostra letteratura, anche quella moderna: i testi su cui si forma il suo gusto in questi anni, più che i classici italiani e latini sono gli scrittori francesi moderni di vasta popolarità, ai limiti con la letteratura di consumo, come Dumas padre (I tre moschettieri) e figlio (La signora delle camelie), Sue (I misteri di Parigi), Feuillet (Il romanzo di un giovane povero)". Oltre a questo genere di romanzi egli prediligeva i romanzi storici italiani, soprattutto quelli a carattere fortemente romantico, come quelli di Guerrazzi la cui influenza si coglie anche nel suo terzo romanzo, pubblicato nel 1863, dapprima a puntate sulle appendici della rivista fiorentina La nuova Europa, intitolato Sulle lagune, nel periodo in cui, ottenuta ormai l'Italia l'indipendenza, Venezia è ancora sotto la potenza austriaca. Il romanzo narra la vicenda sentimentale di un ufficiale austriaco con una giovane veneziana in uno stile severo e privo di retorica. Entrambi innamorati della vita finiranno per morire insieme. Verga lavorò in questo periodo frequentemente anche ad Acitrezza ed Acicastello.
Le prime esperienze a Catania [modifica]
In Sicilia si verificò un periodo di violente sommosse popolari per l'abolizione del dazio sul macinato e, soprattutto nella provincia catanese, si assistette alla reazione dei contadini che, esasperati, arrivarono ad uccidere e a saccheggiare le terre. Sarà Nino Bixio che, con la forza, riuscirà a riportare l'ordine. Nella novella Libertà, il Verga rivive con forza drammatica una di queste rivolte, quella di Bronte.
« Sciorinarono dal campanile un fazzoletto a tre colori, suonarono le campane a stormo, e cominciarono a gridare in piazza: "Viva la libertà!". Come il mare in tempesta. La folla spumeggiava e ondeggiava davanti al casino dei galantuomini, davanti al Municipio, sugli scalini della chiesa: un mare di berrette bianche, le scuri e le falci che luccicavano[5]. »
Con l'arrivo di Garibaldi a Catania venne istituita la Guardia Nazionale e il Verga, nel 1860, si arruolò in essa prestando servizio per circa quattro anni ma, non avendo inclinazioni per la disciplina militare, se ne liberò con un versamento di 3.100 lire (equivalenti a circa 1.30 euro attuali[senza fonte])[6] alla Tesoreria Provinciale. Nel frattempo, insieme a Nicolò Niceforo, conosciuto con lo pseudonimo di Emilio Del Cerro, fondò il settimanale Roma degli Italiani, che si basava su una programma anti-regionale, e lo diresse per tre mesi oltre a collaborare alla rivista L'Italia contemporanea. Il settimanale passerà in seguito sotto la direzione di Antonino Abate.
Nel 1862, Verga e Niceforo ritentano l'esperienza con la rivista letteraria L'Italia contemporanea sulla quale il Verga pubblica la sua prima novella verista, Casa da thè. La rivista però ha breve durata e, dopo il primo numero, viene assimilata da Enrico Montazio alla rivista fiorentina Italia, veglie letterarie.
Anche il giornale l'Indipendente, fondato e diretto da Verga sempre nel '62, venne, dopo dieci numeri, lasciato alla direzione dell'Abate. In quello stesso anno Verga pubblicò su la Nuova Europa le prime due puntate del romanzo Sulle lagune che verranno sospese per un anno e infine riprese dall'inizio e terminate il 15 marzo 1863 dopo 22 puntate.
Gli anni fiorentini [modifica]
Nel 1865 si recò per la prima volta, lasciando la provincia, a Firenze e vi rimase dal 13 gennaio fino al 14 maggio. In questo periodo scrisse una commedia, che è stata pubblicata solo nel 1980, dal titolo I nuovi tartufi, che venne inviata, sotto forma anonima, al Concorso Drammatico bandito dalla Società d'incoraggiamento all'arte teatrale ma senza successo e il romanzo Una peccatrice.
Firenze era a quei tempi la capitale del Regno e rappresentava il punto d'incontro degli intellettuali italiani e il giovane Verga avrà modo di conoscere, in questo primo breve periodo, Luigi Capuana, allora critico della Nazione, i pittori Michele Rapisardi e Antonino Gandolfo, il maestro Giuseppe Perrotta e il poeta Mario Rapisardi.
A Firenze ritornerà nell'aprile 1869 dopo che la nuova epidemia di colera diffusasi nel 1867 l'aveva costretto, insieme alla famiglia, a trovare rifugio dapprima nelle proprietà di Sant'Agata li Battiati e poi a Trecastagni.
A Firenze, dove rimarrà fino al 1871, decise quindi di stabilirsi avendo compreso che la sua cultura provinciale era troppo restrittiva e che gli impediva di realizzarsi come scrittore.
Nel 1866 l'editore torinese Negro gli aveva intanto pubblicato Una peccatrice, un romanzo di carattere autobiografico e fortemente melodrammatico, che narra la vicenda di un piccolo borghese catanese che, pur avendo ottenuto la ricchezza e il successo, si suicida per amore di una donna.
Gli anni fiorentini saranno fondamentali per la formazione del giovane scrittore che avrà modo di conoscere artisti, musicisti, letterati e uomini politici oltre che frequentare i salotti più conosciuti del momento.
Con una lettera di presentazione di Mario Rapisardi si introdusse facilmente in casa dello scrittore e patriota Francesco Dall'Ongaro dove incontra Giovanni Prati, Aleardo Aleardi, Andrea Maffei e Arnaldo Fusinato.
Introdotto dal Dall'Ongaro presso i salotti culturali di Ludmilla Assing e delle signore Swanzberg, madre e figlia entrambe pittrici, conobbe Vittorio Imbriani e altri letterati. Iniziò quindi a condurre una vita mondana frequentando il Caffè Doney, dove conosce letterati e attori, il Caffè Michelangelo luogo d'incontro dei pittori macchiaioli più noti dell'epoca e recandosi spesso alla sera a teatro.
Risale a questo periodo la stesura del romanzo epistolare Storia di una capinera che apparve nel 1870 sul giornale di moda Il Corriere delle Dame e che l'anno seguente verrà pubblicato, per interessamento del Dall'Ongaro, dalla tipografia Lampugnani di Milano. La prefazione al romanzo venne scritta dal Dall'Ongaro che riportava la lettera da lui scritta a Caterina Percoto per presentarle il libro. Il romanzo ebbe un gran successo e il Verga incominciò ad ottenere i suoi primi guadagni.
Il ventennio a Milano [modifica]
Il 20 novembre 1872 Verga si trasferì a Milano dove si fermerà, pur con diversi e lunghi ritorni a Catania, fino al 1893. Lo presenteranno l'amico Capuana con una lettera per il romanziere Salvatore Farina direttore della Rivista minima e il Dall'Ongaro con una al pittore e scrittore Tullio Massarani.
A Milano frequenterà in modo assiduo il salotto Maffei dove conosce i maggiori rappresentanti del secondo romanticismo lombardo e si incontra con l'ambiente degli scapigliati, legando soprattutto con Arrigo Boito, Emilio Praga e Luigi Gualdo.
Frequentando i ristoranti, come il Cova e il Savini, ritrovo di scrittori e artisti, conosce Gerolamo Rovetta, Giuseppe Giacosa, Emilio Treves e il Felice Cameroni con il quale intreccerà una fitta corrispondenza epistolare molto interessante sia per le opinioni sul verismo e sul naturalismo espresse, sia per i giudizi dati sulla narrativa contemporanea, da Zola a Flaubert, a D'Annunzio. Conoscerà inoltre il De Roberto con il quale sarà amico per tutta la vita.
Gli anni milanesi saranno ricchi di esperienze e favoriranno la nuova poetica dello scrittore. Risalgono a questi anni Eva (1873), Nedda (1874), Eros e Tigre reale (1875).
Lo scrittore intanto si era avvicinato ad autori nuovi per tematiche e forme, come Zola, Flaubert, Balzac, Maupassant, Daudet, Bourget, e aveva iniziato un abbozzo del romanzo I Malavoglia.
Nel 1876 verrà pubblicata dall'editore Brigola una raccolta di novelle, Primavera e altri racconti, che erano precedentemente apparsi sulle riviste Illustrazione italiana e Strenna italiana, che presentano stile e soggetto diversi dai precedenti scritti.
Nel 1878 apparve sulla rivista Il Fanfulla la novella Rosso Malpelo e nel frattempo egli iniziò a scrivere Fantasticheria.
Risale a questi anni il progetto, annunciato in una lettera del 21 aprile all'amico Salvatore Paola Verdura,[7] di scrivere un ciclo di cinque romanzi, Padron 'Ntoni, Mastro-don Gesualdo, La Duchessa delle Gargantas, L'onorevole Scipioni, L'uomo di lusso, che in origine avrebbero dovuto essere titolati la Marea per poi essere cambiati in I vinti, che, nell'intenzione del Verga, dovevano rappresentare ogni strato sociale, da quello più umile a quello più aristocratico e sarà questo "l'inizio della più felice e fervida stagione narrativa dello scrittore catanese".[8]
Il 5 dicembre 1878 Verga ritornò a Catania in seguito alla morte della madre e farà seguito un lungo periodo di depressione. In luglio lasciò Catania e, dopo essere stato a Firenze ritornò a Milano dove ricomincerà, con maggior fervore, a scrivere. Nell'agosto 1879 uscirà Fantasticherie sul Fanfulla della domenica e, nello stesso anno, scriverà Jeli il pastore oltre a pubblicare, su diverse riviste, alcune novelle di Vita dei campi che vedrà la luce presso l'editore Treves nel 1880.
Nel 1881 apparve sul numero di gennaio della Nuova Antologia l'episodio tratto da I Malavoglia che narra della tempesta con il titolo Poveri pescatori e, nello stesso anno, verrà pubblicato da Treves il romanzo che sarà però accolto molto freddamente dalla critica come confesserà il Verga stesso all'amico Capuana in una lettera dell'11 aprile da Milano: "I Malavoglia hanno fatto fiasco, fiasco pieno e completo. Tranne Boito e Gualdo, che ne hanno detto bene, molti, Treves il primo, me ne hanno detto male".[9]
Nel 1882, oppresso da bisogni economici, pubblicò presso l'editore Treves il romanzo "Il marito di Elena" dove verranno ripresi i temi erotico-mondani della prima maniera anche se con una più accurata indagine psicologica.
Risale a questo periodo la stesura delle future "Novelle rusticane" che verranno pubblicate man mano su alcune riviste.
Durante la primavera lo scrittore si recò a Parigi dove incontrerà lo scrittore svizzero di lingua francese Louis Edouard Rod, conosciuto l'anno precedente, che nel 1887 pubblicherà I Malavoglia nella traduzione francese. Dopo Parigi compì un altro viaggio a Médan per vedere Zola e a giugno si recò a Londra. Alla fine dell'anno, ma con data 1883, pubblicò la raccolta di dodici novelle con il titolo Novelle rusticane dove si fa predominante il tema della "roba". Lavorava intanto intensamente ai racconti Per le vie, iniziati l'anno precedente, che saranno pubblicati sul Fanfulla della domenica, nella Domenica letteraria e sulla Cronaca bizantina e da Treves nello stesso anno.
Il 1884 sarà caratterizzato dall'esordio teatrale dello scrittore che, adattando la novella omonima apparsa in Vita dei campi, mise in scena Cavalleria rusticana che verrà rappresentata il 14 gennaio 1884 dalla compagnia di Cesare Rossi al Teatro Carignano di Torino e avrà come attori Eleonora Duse nella parte di Santuzza e Flavio Andò nella parte di Turiddu. Il dramma, come già aveva intuito il Giacosa che aveva seguito il lavoro del Verga, ottenne un grande successo.
Confortato da ciò, Verga preparò un'altra commedia adattando una novella di Per le vie, Il canarino del n. 15, e il 16 maggio 1885, con il titolo In portineria, essa venne rappresentata a Milano al Teatro Manzoni, senza però ottenere il successo di quella precedente.
Il ritorno a Catania [modifica]
Afflitto da una grave crisi psicologica dovuta alle preoccupazioni di carattere finanziario e dal fatto che non riusciva a portare avanti come voleva il "Ciclo dei Vinti", decise di ritornare in Sicilia. Nel 1887 uscì, presso l'editore Barbèra di Firenze, la raccolta Vagabondaggio.
Gli anni tra l'86 e l'87 li trascorse lavorando, ampliandole, alle novelle pubblicate dal 1884 in poi per la raccolta "Vagabondaggio" che uscirà nel 1887 presso l'editore Barbèra.
Nel 1888 soggiornò per un periodo di alcuni mesi a Roma e all'inizio dell'estate ritornò in Sicilia e, tranne alcuni soggiorni a Roma, vi rimase fino al novembre del 1890. Terminata nel frattempo la prima stesura del romanzo "Mastro don Gesualdo", esso venne pubblicato a puntate sulla rivista La Nuova Antologia.
Durante il 1889 si dedicò completamente alla revisione del Mastro don Gesualdo che venne dato alle stampe, da Treves, a fine anno ottenendo una buona accoglienza sia dal pubblico sia dalla critica.
Lo scrittore, rincuorato dal buon successo del romanzo, progettò di continuare il "Ciclo" con la "Duchessa di Leyra" e "L'Onorevole Scipione" mentre continuò la pubblicazione delle novelle che faranno poi parte delle due ultime raccolte.
L'8 aprile 1890, al Teatro Costanzi di Roma, venne intanto messa in scena Mala Pasqua tratta dalla novella dello scrittore che però non ottenne un gran successo. Solo un mese dopo venne rappresentata, nello stesso teatro, l'opera Cavalleria rusticana musicata da Pietro Mascagni riscuotendo grande applauso di pubblico e di critica.
L'opera continuò ad essere rappresentata con sempre maggior successo e il Verga chiese al musicista e all'editore, come da accordi pattuiti, la parte di guadagno per i diritti d'autore. Gli verrà offerta una modesta cifra, 1.000 lire che il Verga non volle accettare. Rivoltosi alla "Società degli autori" che si dimostrò solidale con lo scrittore, egli sarà però costretto ad agire attraverso vie legali. "Ha inizio così nel 1891 una complessa vicenda giudiziaria che sembra concludersi, il 22 gennaio 1893, allorché Verga accetta, una tantum, la somma di lire 143.000 come "compensazione finale".[10]
Nel 1891 erano intanto usciti presso l'editore Treves "I ricordi del capitano d'Arce" e nel 1894 "Don Candeloro e C.i".
Nel 1893 lo scrittore si trasferì definitivamente a Catania dove, a parte qualche breve viaggio a Milano e a Roma, vi rimase fino alla morte.
Nel 1895 iniziò minuziose indagini di costume che affermava necessarie per il terzo romanzo dei "Cicli dei vinti", "La duchessa di Leyda", che però non terminò mai (ci rimangono solamente il primo capitolo e un frammento del secondo).
Da alcuni anni lo scrittore aveva intanto intrapreso una relazione con la pianista Dina Castellazzi contessa di Sordevo che durò tutta la vita, anche se la riluttanza del Verga al matrimonio ridusse la relazione amorosa ad una affettuosa amicizia.
Presso Treves, vennero pubblicati nel 1896 i drammi "La Lupa", "In portineria", "Cavalleria rusticana". "La Lupa" venne rappresentata con successo sulle scene del Teatro Gerbin di Torino e a metà dell'anno lo scrittore ricominciò a lavorare alla "Duchessa di Leyra".
Sulla rivista di Catania "Le Grazie", il 1º gennaio 1897, venne pubblicata la novella intitolata "La caccia al lupo" e l'editore Treves pubblicò una nuova versione di "Vita dei campi", con le illustrazioni di Arnaldo Ferraguti che presentava notevoli cambiamenti se confrontata all'edizione del 1880.
Sembra intanto proseguire "assiduamente" la stesura della "Duchessa di Leyra", come si apprende da una lettera scritta all'amico Edouard Rod nel 1898, notizia confermata dalla "Nuova Antologia" che ne annuncia la prossima pubblicazione.[11]
Nel 1901 furono rappresentati i bozzetti "La caccia al lupo" e "La caccia alla volpe" al teatro Manzoni di Milano e gli stessi saranno pubblicati nel 1902 dall'editore Treves.
Alla morte del fratello Pietro, avvenuta nel 1903, il Verga ebbe in affido i figli. Nel novembre dello stesso anno venne rappresentato, sempre al teatro Manzoni, il dramma "Dal tuo al mio" che uscirà solamente nel 1905 a puntate su "La Nuova Antologia" e vedrà le stampe, ancora da Treves, nel 1906.


Una fotografia scattata da Verga: La Sicilia rurale
Lontano ormai dalla scena letteraria, il Verga rallentò notevolmente la sua attività di scrittore per dedicarsi in modo assiduo alla cura delle sue terre anche se, come abbiamo notizia da una lettera all'amico Rod del 1º gennaio 1907, egli continuava a lavorare alla "Duchessa di Leyra" del quale vedrà la luce un solo capitolo pubblicato postumo in "La Letteratura" a cura del De Roberto il 1º giugno 1922. Al De Roberto lo scrittore affidò, tra il 1912 e il 1914, la sceneggiatura cinematografica di alcune delle sue opere ed egli stesso provvedette alla riduzione della "Storia di una capinera" e della "Caccia al lupo" allo scopo di farne una versione per il teatro. La sua ultima novella, intitolata "Una capanna e il tuo cuore", risale al 1919 e fu pubblicata anch'essa postuma, il 12 febbraio 1922 sull'"Illustrazione italiana", mentre nel 1920 verrà pubblicata una edizione riveduta delle "Novelle rusticane" a Roma sulla rivista La Voce.
Nel luglio di quell'anno, per gli ottanta anni dello scrittore, si tennero a Roma le onoranze presso il Teatro "Valle" alla presenza dell'allora Ministro della Pubblica Istruzione Benedetto Croce e il discorso ufficiale fu ottenuto da Luigi Pirandello. Sempre in quell'anno Verga ricevette la nomina di senatore del Regno.
Il 24 gennaio 1922, colto da ictus, non riprese conoscenza e il 27 gennaio morì a Catania nella casa di Sant'Anna assistito dai nipoti e dall'amico De Roberto.


Autografo di G. Verga[12]
Opere [modifica]

Romanzi [modifica]
Amore e Patria (1856-1857) (il romanzo, tranne qualche brano pubblicato nel volume di Federico De Roberto, Casa Verga e altri saggi verghiani, a c. di C. Musumarra, Le Monnier, Firenze, 1964, è inedito)
I Carbonari della Montagna, Galatola, Catania, (1861-1862)
Sulle lagune, "La Nuova Europa", (5 e 9 agosto 1862-13 gennaio e 15 marzo 1863)
Una peccatrice, Negro, Torino, (1866)
Storia di una capinera, Lampugnani (editore), Milano, (1871)
Eva, Treves, Milano, (1873)
Eros, Brigola, Milano, (1875)
Tigre reale, Brigola, Milano, (1875)
I Malavoglia, Treves, Milano,(1881)
Il marito di Elena, Treves, Milano, (1882)
Mastro Don Gesualdo, Treves, Milano, (1889)
Dal tuo al mio, Treves, Milano, (1906)
La duchessa di Leyra (incompiuto)
Novelle [modifica]
Nedda, Brigola, Milano, (1874)
Primavera e altri racconti, Brigola, Milano (1876); terza ristampa, presso Treves, Milano, 1877 con il titolo di Novelle
Vita dei campi, Treves, Milano, (1880)
Pane nero, Giannotta, Catania, (1882)
Novelle rusticane, Treves, Milano, (1883)
Per le vie, Treves, Milano, (1883)
Drammi intimi, Sommaruga, Roma, (1884)
Vagabondaggio, Barbera, Firenze, (1887)
I ricordi del capitano d'Arce, Treves, Milano, (1891)
Don Candeloro e C., Treves, Milano, (1894)
Una capanna e il tuo cuore, "Illustrazione italiana", (12 febbraio 1922); postuma

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