domenica 13 giugno 2010

SALVATORE QUASIMODO

« Per la sua poetica lirica, che con ardente classicità esprime le tragiche esperienze della vita dei nostri tempi »
(Motivazione del Premio Nobel)

Salvatore Quasimodo
Nobel per la letteratura 1959
Salvatore Quasimodo (Modica, 20 agosto 1901 – Napoli, 14 giugno 1968) fu un poeta italiano, la cui poetica muove dall'ermetismo, vinse il premio Nobel per la letteratura nel 1959.
Indice [nascondi]
1 I primi anni
2 Gli studi
3 A Firenze
4 A Reggio Calabria
5 A Imperia e a Genova
6 A Milano
7 Il poeta e lo scrittore
8 Opere
9 Parco Letterario di Roccalumera
10 Altri progetti
11 Voci correlate
12 Collegamenti esterni
I primi anni [modifica]
Salvatore Quasimodo nacque a Modica( Ragusa) figlio di Gaetano Quasimodo e Clotilde Ragusa . La permanenza a Modica della famiglia Quasimodo dura solo 12 mesi. Il padre Gaetano , infatti , vi giunge alla fine del 1900. Il 20 agosto 1901 nasce il Poeta. Ma come egli stesso narra,in una intervista televisiva, solo dopo qualche giorno dalla nascita, in seguito all' inondazione di Modica, parte da Roccalumera nonno Vincenzo, che conduce al sicuro nella casa familiare roccalumerese la madre Clotilde, il Poeta e gli altri fratelli più grandicelli . Il padre Gaetano dopo due mesi dalla nascita di Salvatore, ossia nell'ottobre 1901 è trasferito ad un'altra stazione. La famiglia pertanto non tornerà più in quella cittadina. Salvatore già da bambino fu costretto a spostarsi frequentemente con la propria famiglia al seguito del Padre nelle varie stazioni ferroviarie siciliane ove egli era inviato a prestare servizio . Questi , infatti , iniziò a lavorare in ferrovia all'età di 7 anni, venendo impegnato alla costruzione del binario ferroviario Messina-Catania . Attivati i transiti dei treni, il padre fu mantenuto in servizio come ferroviere. La casa familiare dei Quasimodo ,( costruita da nonno Vincenzo, anche lui ferroviere ) era a Roccalumera , in Provincia di Messina, paese al quale sia Salvatore che tutta la Famiglia sono rimasti intrinsecamente legati . Il padre diventato “ capostazione principale “, veniva mandato a reggere stazioni di capoluoghi di Provincia come: Messina, subito dopo il terre-maremoto del 1908 in una Stazione letteralmente distrutta dall'evento tellurico (Salvatore avrà sette anni e trasfonderà la tragedia del terremoto in meravigliosi versi in "Al padre"), Agrigento, Palermo e Siracusa, dove la sorella Rosina conobbe Elio Vittorini, anch'egli figlio di ferroviere, con il quale si sposò. Il padre andò in pensione nel 1927, e dopo una breve permanenza a Firenze, durante la quale perse la moglie, si ritirò definitivamente nella sua casa di Roccalumera, dove visse con due sorelle che non si erano sposate. Salvatore, seguendo il padre, di stazione in stazione, frequentò le prime classi a Gela e poi negli altri luoghi. Subito dopo il catastrofico Terremoto di Messina del 1908 andò a vivere a Messina, dove il padre era stato chiamato per riorganizzare la locale stazione. Prima dimora della famiglia in quei tempi furono i vagoni ferroviari. Un'esperienza di dolore tragica e precoce che avrebbe lasciato un segno profondo nell'animo del poeta. Si trasferì in seguito in una abitazione sita in Via Crocerossa , dove trascorse gli anni delle scuole tecniche , frequentate presso l’Istituto “Jaci “ dove conseguì il diploma di geometra. Trascorreva le estati ed il tempo libero a Roccalumera , insieme ai fratelli ( luogo che lo ispirerà per tante poesie come ad esempio “ Vicino a una torre saracena, per il fratello morto “ )
Gli studi [modifica]
A Messina frequentò l'Istituto tecnico matematico-fisico "Jaci" che dava la possibilità di accedere alla Facoltà di Ingegneria e nel 1919 conseguì il diploma. Durante la permanenza in questa città conobbe il noto giurista Salvatore Pugliatti e Giorgio La Pira, futuro sindaco di Firenze, con i quali strinse una duratura amicizia.
Nel 1917 fondò il "Nuovo giornale letterario", un mensile che ebbe breve vita e sul quale pubblicò le sue prime poesie. Nel 1919 si trasferì a Roma dove pensava di terminare gli studi di Ingegneria ma, subentrate precarie condizioni economiche, dovette abbandonarli per impiegarsi come disegnatore tecnico presso un'impresa edile e in seguito presso un grande magazzino.
Nel frattempo collaborò ad alcuni periodici e iniziò lo studio del greco e del latino con la guida di monsignore Rampolla del Tindaro dedicandosi ai classici destinati a divenire per lui fonte di schietta ispirazione.
A Firenze [modifica]
Nel 1929, in seguito all'invito di Elio Vittorini, che aveva sposato sua sorella e viveva a Firenze, decise di trasferirsi in quella città. Qui conobbe diversi letterati appartenenti all'ambiente letterario fiorentino tra i quali Alessandro Bonsanti e Eugenio Montale e con l'ambiente della rivista letteraria Solaria.
A Reggio Calabria [modifica]
Nel 1930, assunto come "geometra straordinario" dal Ministero dei Lavori Pubblici, venne assegnato al Genio Civile di Reggio Calabria. Qui strinse amicizia con i fratelli Enzo Misefari e Bruno Misefari, entrambi esponenti (il primo è comunista, il secondo è anarchico) del movimento antifascista di Reggio Calabria, che lo invogliarono a ritornare a scrivere.
Così maturò e affinò il suo gusto ermetico, cominciando a dare consistenza alla raccolta Acque e terre che pubblicò quello stesso anno per le edizioni di Solaria.
Nel periodo di Reggio Calabria nacque la mirabile Vento a Tindari, dedicata alla storica località presso Patti.
A Imperia e a Genova [modifica]
Nel 1931 venne trasferito presso il Genio Civile di Imperia e in seguito presso quello di Genova.
In questa città conobbe Camillo Sbarbaro e le personalità di spicco che gravitavano intorno alla rivista Circoli, con la quale il poeta iniziò una proficua collaborazione pubblicando, nel 1932, per le edizioni della stessa, la sua seconda raccolta Oboe sommerso nella quale sono raccolte tutte le poesie scritte tra il 1930 e il 1932 e dove comincia a delinearsi con maggior chiarezza la sua adesione all'ermetismo.
A Milano [modifica]


Ottenuto il trasferimento a Milano nel 1934, venne destinato da un capoufficio, che non sopportava i poeti, alla sede di Sondrio, da dove prendeva ogni giorno il treno per il capoluogo lombardo. Qui si dedicò a una varia attività pubblicistica entrando in contatto con un ricco ambiente culturale.
Nel 1938 lasciò il Genio Civile per dedicarsi alla letteratura ed alla poesia, iniziò a lavorare per Cesare Zavattini in una impresa di editoria e soprattutto si dedicò alla collaborazione con Letteratura, la rivista ufficiale dell'Ermetismo.
Nel 1938 pubblicò a Milano, con un'introduzione del critico Oreste Macrì, una raccolta antologica intitolata Poesie e nel 1939, mentre collaborava a Il Tempo, iniziò la traduzione dei Lirici greci, opera che verrà pubblicata nel 1940 a Milano con una prefazione di Luciano Anceschi e che susciterà grande consenso.
Nel 1941 venne nominato, per chiara fama, professore di Letteratura italiana presso il Conservatorio di musica "Giuseppe Verdi" di Milano, incarico che mantenne fino alla fine del 1968.
Nel 1942 uscirà nella collezione Lo specchio della Mondadori, a Milano, l'opera Ed è subito sera, che inglobava anche le Nuove poesie scritte tra il 1936 e il 1942.
Pur professando chiare idee antifasciste, non partecipò attivamente alla Resistenza; in quegli anni si diede alla traduzione del Vangelo secondo Giovanni, di alcuni Canti di Catullo e di episodi dell'Odissea che verranno pubblicati solamente dopo la Liberazione.
Nel 1945 si iscrisse al Partito comunista e l'anno seguente pubblicò la nuova raccolta dal titolo Con il piede straniero sopra il cuore — ristampata nel 1947 con il nuovo titolo Giorno dopo giorno —, testimonianza dell'impegno morale dell'autore che continuerà, in modo sempre più profondo, nelle successive raccolte come La vita non è sogno, Il falso e il vero verde e La terra impareggiabile, che si pongono, con il loro tono epico, come esempio di limpida poesia civile.
Durante questi anni il poeta continuò a dedicarsi con appassionato fervore all’opera di traduttore sia di autori classici che moderni e svolse una continua e fervida attività giornalistica, per periodici e quotidiani, dando il suo contributo soprattutto con articoli di critica teatrale.
Nel 1950 il poeta ottenne il Premio San Babila, nel 1953 il premio Etna-Taormina, nel 1958 il premio Viareggio e nel 1959 gli fu assegnato il premio Nobel per la letteratura che gli fece raggiungere una definitiva fama e gli fece ottenere le lauree honoris causa dalla Università di Messina nel 1960 e da quella di Oxford nel 1967.
Il poeta trascorse gli ultimi anni di vita compiendo numerosi viaggi in Europa e in America per tenere conferenze e letture pubbliche delle sue liriche che nel frattempo erano state tradotte in diverse lingue.
Nel giugno del 1968, mentre il poeta si trovava ad Amalfi, venne colpito da un ictus che lo condurrà alla morte dopo pochi giorni all'ospedale di Napoli. Il suo corpo sarà trasportato a Milano e seppellito nel Cimitero Monumentale.
Il poeta e lo scrittore [modifica]

« Sei ancora quello della pietra e della fionda,
uomo del mio tempo. »
(Salvatore Quasimodo, da Uomo del mio tempo)


Un'immagine di Quasimodo degli ultimi anni
La prima raccolta di Quasimodo, Acque e terre (1930), è incentrata sul tema della sua terra natale, la Sicilia, che l'autore lasciò già nel 1919: l’isola diviene l’emblema di una felicità perduta cui si contrappone l’asprezza della condizione presente, dell’esilio in cui il poeta è costretto a vivere (così in una delle liriche più celebri del libro, Vento a Tindari). Dalla rievocazione del tempo passato emerge spesso un’angoscia esistenziale che, nella forzata lontananza, si fa sentire in tutta la sua pena. Questa condizione di dolore insopprimibile assume particolare rilievo quando il ricordo è legato ad una figura femminile, come nella poesia Antico inverno. Se in questa prima raccolta Quasimodo appare legato a modelli abbastanza riconoscibili (soprattutto D’Annunzio, del quale viene ripresa la tendenza all’identificazione con la natura), in Oboe sommerso (1932) ed Erato e Apollion (1936) il poeta raggiunge la piena maturità espressiva.
La ricerca della pace interiore è affidata ad un rapporto col divino che è, e resterà successivamente, tormentato anche se animato da un anelito sincero, mentre la Sicilia si configura come terra del mito, terra depositaria della cultura greca: non a caso Quasimodo pubblicherà, nel 1940, una notissima traduzione dei Lirici greci. In particolare, nel libro del ’36 vengono celebrati Apollo - il dio del sole ma anche il dio cui sono legate le Muse, e quindi la stessa creazione poetica che è resa dolorosa dalla distanza fisica dell’isola - ed Ulisse, l’esule per eccellenza. È in queste raccolte che si può cogliere appieno la suggestione dell’ermetismo, di un linguaggio che ricorre spesso all’analogia e tende ad abolire i nessi logici tra le parole: importante è in questo senso l’uso frequente dell’articolo indeterminativo e degli spazi bianchi che, all’interno della lirica, sembrano rimandare continuamente a una serie di significati nascosti che non possono trovare una piena espressione.
Nelle Nuove poesie (pubblicate insieme alle raccolte precedenti nel volume Ed è subito sera del 1942 e scritte a partire dal 1936) il ritmo diventa più disteso grazie anche all’uso più frequente dell’endecasillabo: il ricordo della Sicilia è ancora vivissimo ma si avverte nel poeta un’inquietudine nuova, la voglia di uscire dalla sua solitudine e confrontarsi con i luoghi e le persone della sua vita attuale. In alcune liriche compare infatti il paesaggio lombardo, esemplificato dalla «dolce collina d’Ardenno» che porta all’orecchio del poeta «un fremere di passi umani» (La dolce collina). Questa volontà di dialogo si fa evidente nelle raccolte successive, segnate da un forte impegno civile e politico sollecitato dalla tragedia della guerra; la poesia rarefatta degli anni giovanili lascia il posto un linguaggio più comprensibile, dai ritmi più ampi e distesi. Così avviene in Giorno dopo giorno (1947) dove le vicende belliche costituiscono il tema dominante. La voce del poeta, annichilita di fronte alla barbarie («anche le nostre cetre erano appese», afferma in Alle fronde dei salici), non può che contemplare la miseria della città bombardata, o soffermarsi sul dolore dei soldati impegnati al fronte, mentre affiorano alla memoria delicate figure femminili, struggenti simboli di un’armonia ormai perduta (S’ode ancora il mare). L’unica speranza di riscatto è allora costituita dalla pietà umana (Forse il cuore). In La vita non è sogno (1949) il Sud è cantato come luogo di ingiustizia e di sofferenza dove il sangue continua a macchiare le strade (Lamento per il Sud); il rapporto con Dio si configura come un dialogo serrato sul tema del dolore e della solitudine umana. Il poeta sente l’esigenza di confrontarsi con i propri affetti, con la madre che ha lasciato quand’era ancora un ragazzo e che continua a vivere la sua vita semplice ed ignara dell’angoscia del figlio ormai adulto, o col ricordo della prima moglie Bice Donetti. Nella raccolta Il falso e vero verde (1956) dove lo stesso titolo è indicativo di un’estrema incertezza esistenziale, un’intera sezione è dedicata alla Sicilia, ma nel volume trova posto anche una sofferta meditazione sui campi di concentramento che esprime «un no alla morte, morta ad Auschwitz» (Auschwitz).
La terra impareggiabile (1958) mostra un linguaggio più vicino alla cronaca, legato alla rappresentazione della Milano simbolo di quella «civiltà dell’atomo» che porta ad una condizione di devastante solitudine e conferma nel poeta la voglia di dialogare con gli altri uomini, fratelli di dolore. L’isola natìa è luogo mitizzato, «terra impareggiabile» appunto, ma è anche memoria di eventi tragici come il terremoto di Messina del 1908 (Al padre).
L’ultima raccolta di Quasimodo, Dare e avere, risale al 1966 e costituisce una sorta di bilancio della propria esperienza poetica ed umana: accanto ad impressioni di viaggio e riflessioni esistenziali molti testi affrontano, in modo più o meno esplicito, il tema della morte, con accenti di notevole intensità lirica.
Opere [modifica]

Acque e terre, Edizioni di "Solaria", Firenze 1930
Oboe sommerso, Edizioni di "Circoli", Genova 1932
Erato e Apòllìon, pref. di S.Solmi, Scheiwiller, Milano 1938
Poesie, Edizioni "Primi Piani", Milano 1938
Lirici Greci, pref. di L. Anceschi, Edizioni di Corrente, Milano 1940
Ed è subito sera, Mondadori, "Lo Specchio", Milano 1942
Con il piede straniero sopra il cuore (Alle fronde dei salici), Edizioni di "Costume", Milano 1946
Giorno dopo giorno, Mondadori, Milano 1947
La vita non è sogno, Mondadori, Milano 1949
Il falso e vero verde, Schwarz, Milano 1954
Il fiore delle "Georgiche", Mondadori 1957
La terra impareggiabile, 1958
Il poeta e il politico e altri saggi, Schwarz, Milano 1960
Dare e avere, Schwarz, Milano 1966
Leonida di Taranto, Edizioni Apollinaire, Milano 1967 (edizione speciale in collaborazione a cura di) Guido Le Noci
Alle fronde dei salici
Leonida di Taranto in edizione normale in collaborazione, Editore Lacaita, Manduria (Taranto)1967
Messaggi di primavera

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